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Quando la storia si fa interessante

Videoconferenza con Anna Storti

a cura di Simona Ungurasu e di Greta Micheluz

LA VIDEOCONFERENZA CON ANNA STORTI SI E’ SVOLTA NELLA MATTINATA DI MARTEDI’ 17 MAGGIO, NEL LABORATORIO MULTIMEDIALE DELLA NOSTRA SCUOLA1.


La seconda videoconferenza ci ha permesso di riprendere i temi studiati all’inizio dell’anno scolastico, ovvero il Verismo e il Positivismo. Insieme ad Anna Storti, professore associato di Letteratura italiana presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Trieste, abbiamo potuto chiarire le perplessità e i dubbi che erano emersi in classe.


Abbiamo iniziato il dialogo soffermandoci sul legame tra il Naturalismo francese e il Verismo italiano, prendendo come punto focale la figura di Giovanni Verga, uno degli scrittori più rappresentativi della letteratura italiana. Anna Storti, nella sua risposta, ha evidenziato la distanza di Verga da quegli accenti apertamente politici che spingono Zola a considerare lo scrittore un «operaio» del progresso. Verga, al pari di Zola, cerca sì di comprendere la realtà, ma è convinto che i processi in atto nella società non possano in alcun modo essere modificati, che la direzione di questa trasformazione sia un fatto ineluttabile. Anna Storti ha quindi sottolineato il successo limitato delle opere veriste di Verga nell’Ottocento ricordandoci quel che scrive lui stesso in una lettera a Capuana del 1881: «I Malavoglia hanno fatto fiasco, fiasco pieno e completo… »; l’importanza dei procedimenti veristi sarà riconosciuta solo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, quando Verga diventerà un punto di riferimento essenziale per gli scrittori nonché i registi neorealisti.


L’attenzione si è poi spostata in maniera più specifica sull’opera di Verga, con una domanda sulla svolta verista dell’autore, ed una seconda sull’interpretazione dell’ultima pagina dei Malavoglia.
Per Anna Storti il vero inizio della “conversione” verista va ricercato nella novella Rosso Malpelo (1878) e non nella precedente Nedda (1874). Quest’ultima infatti ha sì per protagonista una vinta («una povera figliuola raggomitolata sull’ultimo gradino della scala umana»), ma nella narrazione sono ancora ben visibili le tracce dello scrittore che si commuove e partecipa emotivamente agli eventi (l’attributo «povera» che ricorre più volte nella novella è per Anna Storti la spia più evidente di questo atteggiamento). La novità di Rosso Malpelo la si coglie innanzitutto nella volontà dell’autore a rappresentare “fedelmente” un ambiente, quello delle miniere in Sicilia, una scelta che contribuisce a rendere visibili gli aspetti più drammatici della realtà industrializzata, con un’attenzione non certo marginale alla dimensione economica, alla lotta per la sopraffazione.
Per quanto riguarda la pagina finale dei Malavoglia, Anna Storti non sembra essere d’accordo con quei critici che vi scorgono i segni di un cedimento “epico” (la nostalgia dell’autore per un mondo arcaico, il rimpianto per una civiltà destinata a scomparire…). Anche in questa pagina invece abbiamo la riprova di una coerenza narrativa pressoché assoluta: Verga nei Malavoglia resiste fino in fondo alla tentazione della soggettività rimanendo sempre legato al principio della non coincidenza tra autore e narratore (“artificio della regressione”).
Un altro punto su cui ci siamo soffermati è il pessimismo di Verga. In classe ci siamo domandati diverse volte se era legato unicamente ai personaggi delle sue opere o se rappresentava anche una visione dello scrittore. Anna Storti ci ha fatto capire come l’immagine pessimistica dello scrittore sia una diretta conseguenza della poetica dei suoi romanzi, come lo stesso Verga chiarisce nella prefazione al “Ciclo dei Vinti”. Nelle sue opere egli è riuscito a non infrangere mai il canone dell’impersonalità e a rispettare innanzitutto la mentalità e il milieu che ha voluto rappresentare: quello dell’Italia meridionale.


Greta, che si è interrogata su una possibile analogia tra la figura di Svevo, che sfata il mito del superuomo, e quella di Verga, che ci fa cogliere le incongruenze del mito del progresso, ha posto l’ultima domanda. Nella sua risposta, Anna Storti ci ha detto che il mito del superuomo nasce in un ambiente irrazionale, non positivista, ed è dunque difficile porre sullo stesso piano i due miti; ha invitato dunque alla cautela ma ha comunque riconosciuto l’originalità dell’accostamento e il merito comune ai due autori di aver saputo prendere le distanze dai miti che hanno dominato le loro rispettive età letterarie.


Come avevamo già fatto con Marina Paladini, anche ad Anna Storti, a conclusione dell’incontro, abbiamo chiesto dei consigli di lettura connessi alla problematica affrontata, e il suggerimento che ne abbiamo ricevuto è l’invito a leggere la novella Libertà, un modo diverso per ricordare i 150 anni dell’Unità d’Italia seguendo nell’intreccio il gioco dei diversi punti di vista con cui vengono guardati (e giudicati) i fatti di Bronte.
Non è stato l’unico suggerimento. Anna Storti, infatti, ci ha consigliato anche la lettura di opere di altri autori veristi: I viceré di Federico De Roberto e Giacinta di Luigi Capuana, una scelta, quest’ultima, dettata anche dal fatto che siamo una classe femminile.

 


Note:

1 Ci dispiace non poter inserire in questo resoconto alcun link con sequenze della videoconferenza. Per problemi di connessione, infatti, abbiamo dovuto rinunciare alle immagini e restare in contatto con Anna Storti solo attraverso il collegamento audio. Per sopperire a questa mancanza ci siamo sforzati di rendere più dettagliato il nostro resoconto.

Una Risposta to “Videoconferenza con Anna Storti”

  1. Williams Paul Vatamanu said

    Complimenti 🙂

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